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Tra le macerie di Mosul, di Kobanê, di Misurata, di Gaza si aggira a passo svelto una donna alta con lunghi capelli corvini, gli occhi di carbone, il casco in testa e il giubbetto antiproiettile a fasciare il busto. Con lei, un cameraman e una guida locale. Protezione zero. Non ama l’embedded, vuole ficcare il naso e l’obiettivo dove decide lei: dove cadono le bombe, dove eserciti e ribelli hanno rubato la libertà e ogni bene agli abitanti del posto, fra la gente che si aggrappa alla vita ...
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