ra il gennaio del 1976 e noi mascalzoni e sbruffoni del Corriere dello Sport ci precipitavamo in tipografia alle nove di sera per non perdere lo spettacolo. Attorno al tavolone di marmo e di fronte al telaio d’acciaio dove nascevano le pagine della neonata Repubblica, si affannavano redattori-impaginatori improbabili che potevano scambiare le linotype per robot di altri mondi e le rotative per macchine asfaltatrici. Sandro Viola tagliava il testo sulle bozze cancellando una parola qua, due ...