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Una mattina del febbraio 1982, o forse 1983, Eugenio Scalfari mi chiamò nella sua stanza per assegnarmi un compito di estrema fiducia: “Vorrei che tu seguissi le vicende politiche, vai alla Camera, parla, scava, indaga, con rispetto per tutti ma senza timori”. Ne fui lusingato, l’occasione era ghiotta. Mi mischiai a colleghi che del Transatlantico conoscevano anche i tarli del mobilio, i più attivi mi sembravano Massimo Franco e Augusto Minzolini, Guido Quaranta pareva un topolino pronto a ...
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